Sinossi:
Venezia 1797. Napoleone Bonaparte è ormai alle porte della Serenissima: dopo tanti colpi e sventure, presto la Repubblica cadrà. Insieme all’orgoglio della città deve piegarsi anche quello di Anna, giovane sposa costretta dai debiti del marito a trasferirsi nella casa dello zio di lui, Fosco Alvise Candiani, il più acclamato compositore di Venezia. Abbandonata in una casa ostile, strappata ai suoi affetti e a tutto ciò che conosceva, Anna si aggrappa all’unica cosa che le resta: il suo sogno di diventare violinista. Per farlo, è pronta ad assumere l’identità del marito, di cui nessuno ha più visto il volto fin da quando era ragazzo. Nei panni di un uomo, Anna trova la libertà che ha sempre bramato, ma rischia di perdere se stessa. E gli occhi severi di Fosco, l’uomo che sembra la sua perfetta antitesi, sono pronti a ricordarglielo in ogni momento. Echi di concerti, clangore di spade e pettegolezzi sussurrati corrono tra le rughe e le calli, ma tra i mille specchi di Venezia si cela la domanda più importante di tutte: è più giusto vivere secondo coscienza, o secondo reputazione?
Recensione:
Questo romanzo mi è entrato nel cuore, capitolo dopo capitolo ho iniziato a capire quanto la storia di Anna e Fosco mi fosse entrata dentro, per poi restarci prepotentemente una volta finita la lettura. È così e non può non essere: rimani incantato e incatenato dalle vicende dei due protagonisti e da quella Venezia che sta per capitolare a causa dei colpi del nemico francese.
Venezia stava morendo e i veneziani potevano anche fingere che non fosse così, ma le onde battevano da una parte e dall’altra della città traghettando gondole funeree.
Ho amato questo romanzo per la sua verosimiglianza: Anna e Fosco sono reali, due forti personalità che cadono e che si rialzano, che combattono per i loro ideali, che crescono e migliorano, perché hanno tanto da insegnare l’uno all’altra e soprattutto coerenti: sappiamo tutti quanto sia difficile scrivere un romanzo storico senza che non sembri contemporaneamente stantio e anacronistico, e devo dire che Giulia Esse ha compiuto un vero miracolo, i dialoghi sono curati in maniera precisa, hanno una patina antica ma lo stile non risulta ridondante.
Ero già pronto a sfoderare il fazzoletto della compassione per asciugare le vostre lacrime e invece siete tornata in perfetta forma. Avete anche pizzicato le guance per nascondere il pallore in cui vi siete nascosta in questi giorni. Avete spina dorsale, a differenza di mio nipote.
La loro non è propriamente una storia d’amore, e si può rimanere delusi da questo (ammetto che all’inizio un po’ lo ero anch’io) ma solo per dieci secondi, perché è proprio qui che si trova il punto di forza del libro: il loro è un percorso che intraprendono insieme per oltrepassare i limiti delle loro credenze e, come ho detto prima, questa è una storia vera, ed essendo tale, un finale banale e scontato non sarebbe stata la giusta conclusione per un romanzo con la R maiuscola come questo.
La mia paura era, una volta iniziata la lettura, di trovare qualcosa di troppo moderno o stucchevole come gli Harmony che spopolano di questi tempi, e invece no, è stato davvero un privilegio poter leggere questo romanzo e recensirlo, e fidatevi: le mie parole sono troppo poco per parlare di “Vanità di potenza” quindi davvero, sbrigatevi ad iniziarlo!
Gradite la mia presenza perché non rispecchio uno dei vostri amati topoi, da lettrice incallita quale siete. Non riuscite ad afferrarmi e non potete perché siete in frantumi. Voi non mi odiate, né mi amate, ma mi studiate per decidere quale sentimento estremo serbarmi, quando sarebbe più semplice amarmi e odiarmi allo stesso tempo.
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