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Tempo stimato di lettura: 7 minutiBentrovati su Le fiamme di Pompei per il terzo capitolo del racconto lungo di Elena Ungini “La sfera magica”.
Se avete perso i primi due appuntamenti potete trovarli qui:
Buona lettura!
LA SFERA MAGICA
CAPITOLO 3
Alia sorrise ai bambini, poi li accompagnò in un’altra stanza, dove stavano accatastati in un angolo due zaini, dei comodi doposci e delle giacche a vento imbottite, guanti, cappelli e sciarpe.
“Copritevi con questi. Gli zaini sono pieni di provviste”.
I bambini si vestirono e s’infilarono gli zaini, poi seguirono la donna fino alla porta d’ingresso della capanna. Fuori, li aspettava una magnifica slitta trainata da alcune renne bianchissime e stupende. Ai lati della slitta due grosse lanterne rischiaravano la strada. I ragazzini salirono a bordo.
“Basterà che diciate alle renne da che parte andare. Sono magiche”, spiegò Alia.
Poi fischiò e un grosso gatto verde uscì da un fienile, raggiunse la padrona e si strusciò dolcemente contro le sue gambe, facendo le fusa.
“Questo è Cronch. Verrà con voi e vi aiuterà”.
Come se avesse capito, il gatto saltò sulla slitta e si accoccolò su una coperta.
“Dimenticavo”. Alia fece un gesto con la mano e comparve un piccolo rotolo di pergamena.
“Tenete. Questa è la mappa che dovete seguire. Se vi trovate nei guai, o se vi sperdete, lanciate i razzi magici che sono nascosti sotto il sedile della slitta. Manderò qualcuno ad aiutarvi. Ma state lontani dalla foresta proibita: le creature fatate non possono entrarvi, salvo quelle che già ci vivono e che vi consiglio di non andare a disturbare… questo significa che se vi andate a cacciare lì dentro, non potremo togliervi dai guai. Comunque, se seguite il sentiero, sarà una passeggiata, e in soli due giorni sarete da Grisha, la vecchia sapiente”.
Daniel srotolò la mappa e vi diede un’occhiata. Le indicazioni erano chiarissime.
“Ricorda Daniel: Grisha cercherà di confonderti e di imbrogliarti. Non lasciarti incantare. É una vecchia furbacchiona”, disse ancora Alia.
“Cercherò”, sospirò Daniel. Ora cominciava ad avere un po’ di paura, ma cercò di non pensarci.
“Per far partire la slitta dite: “OhOh!””, spiegò Alia.
“Fantastico! Come Babbo Natale!”, esclamò Daniel.
La slitta si mosse e iniziarono a salire lungo il sentiero, che portava verso le montagne. Daniel afferrò una grossa coperta che si trovava nel retro della slitta e la appoggiò sulle sue gambe e su quelle di Greta, poi prese un grande ombrello e lo aprì sulle loro teste.
“Così staremo più comodi”, disse.
“Sai… penso che non sia stato un male scegliere di portare a termine quest’impresa. Siamo molto più al caldo e all’asciutto che in quella maledetta fabbrica, e abbiamo da mangiare”.
“Già. Ma che ci faranno quando torneremo?”, chiese Greta.
“Se torneremo…”
“Che vuoi dire?”
“Be’… se riuscissimo a portare a termine l’impresa, potremmo chiedere alla principessa di tenerci qui. Non credo che ce lo negherebbe, e non avremmo nulla da perderci”.
“Già, ma dobbiamo riuscire nell’impresa, e sento che non sarà affatto facile come sembra”.
“Non essere pessimista”, disse Daniel, srotolando di nuovo la mappa. Ora si sentiva molto più tranquillo.
“Sarà meglio che ci dia un’occhiata e cerchi di imprimermela bene nelle meningi: se la perdiamo siamo fritti. Ecco, guarda: dobbiamo proseguire su questo sentiero per un buon tratto. Credo proprio che possiamo farci un bella dormitina”.
Il gatto s’infilò sotto la coperta, in mezzo ai due bambini, e prese a fare le fusa.
“Non riesco a capire di che utilità possa esserci questo gatto!”, esclamò Daniel.
“Non saprei. Certo che il suo colore è proprio strano”.
“Già”.
“Se avete finito di ciarlare, vorrei dormire un po’”, disse una voce assonnata.
“Chi ha parlato?”, chiese Daniel, sorpreso.
“Chi deve avere parlato? Siamo in tre, e non è stata certamente la tua amica!”, esclamò il gatto, stiracchiandosi, per poi accoccolarsi meglio.
“Tu parli?”
“Certo che parlo! Siamo intelligenti, noi gatti! Che vi credete?”
“Questo non lo metto in dubbio, ma sulla Terra i gatti non parlano”.
“Diciamo che voi non li capite…”, polemizzò Cronch, borbottando.
“Ora cerchiamo di dormire. Sono stanco morto. Riparleremo di gatti parlanti domattina”, sbadigliò Daniel, sdraiandosi contro il morbido schienale del sedile della slitta e chiedendosi per l’ennesima volta, quel giorno, se per caso non stava soltanto sognando.
Ben presto dormiva anche lui: era stata una giornata emozionante e faticosa.
Una brusca frenata della slitta li fece sobbalzare e Daniel spalancò gli occhi su un bianco chiarore mattutino. Era quasi l’alba. La neve aveva continuato a cadere incessante per tutta la notte e una spessa coltre bianca ricopriva la coperta sui loro piedi, eppure non sentivano per niente freddo. Forse anche la coperta era magica. Le lanterne si erano spente da sole, alle prime luci. Daniel guardò oltre le sei magnifiche renne che tiravano la slitta e si accorse del perché si erano fermate: erano arrivate a un crocevia. Svelto, consultò la mappa.
“A destra”, ordinò. Le renne ripresero subito il cammino, svoltando verso destra.
Daniel tolse dal retro della slitta uno zaino e ne rovesciò il contenuto: c’erano due grosse tavolette di cioccolato, carne secca, latte condensato, biscotti, formaggio e persino dei lecca lecca di zucchero.
Spezzò il cioccolato e lo porse a Greta, poi ne prese anche lui.
Continuarono a scivolare leggeri sul sentiero in salita, mentre le renne trainavano la slitta senza sforzo. Ogni tanto i sei magnifici animali mangiavano un po’ di neve, o strappavano licheni dai tronchi degli alberi. Verso mezzogiorno Daniel ordinò una piccola sosta per far riposare gli animali, che però non apparivano per nulla stanchi. Lui e Greta ne approfittarono per mangiare un po’ di carne secca e formaggio. Finirono il pasto con un pezzetto di lecca lecca. Il gatto mangiò un po’ di carne. Verso le quattro del pomeriggio si fece nuovamente buio. Aveva nevicato tutto il giorno e la coltre bianca aveva ormai superato i quaranta centimetri, ma le renne continuavano a camminare, quasi sfiorando la neve, senza affondarvi mai. Neppure la slitta affondava nella neve. Doveva essere tutto fatato, in quel posto. Magicamente, le due lanterne ai lati della slitta si accesero.
“Aveva ragione Alia: è proprio una passeggiata. Se tutto va come deve, arriveremo domani sera”.
“Sarà meglio fermarci per la notte, questa volta”.
“D’accordo, ma ora proseguiamo ancora un po’”. Continuarono ad avanzare nel buio finché non sentirono gli occhi farsi pesanti per il sonno. A quel punto, Daniel ordinò alle renne di fermarsi, poi cenarono e si prepararono per la notte.
Si erano appena addormentati quando il vento, che non aveva mai smesso di fischiare, si fece improvvisamente più minaccioso e forte, tanto forte, che li svegliò.
“Che succede?”, chiese Daniel, preoccupato.
“Sta arrivando una bufera”, osservò, pacato, Cronch. Alzò la zampa e tirò fuori una delle sue unghie retrattili, con la quale disegnò un cerchio nell’aria, sopra di loro. Una cupola di magia li avvolse, proteggendoli dal freddo e dalla neve.
“Questo dovrebbe proteggerci fino a domattina”, spiegò semplicemente il gatto, rimettendosi a dormire.
“Forte!”, esclamò Daniel, toccando con le mani la barriera che li proteggeva, che sembrava fatta di gomma. I bambini si riaddormentarono tranquilli.
La mattina seguente la bufera era cessata, ma il cielo pieno di nuvole prometteva ancora neve.
“Rimettiamoci in marcia”, propose il gatto.
“Un momento, controllo la mappa”, commentò Daniel, estraendo la pergamena.
“Al prossimo crocevia dobbiamo svoltare a sinistra”, disse, poi lanciò l’:”OhOh!” e le renne ripartirono.
Poco dopo, una stradina tutta bianca di neve incrociava la strada principale.
“Ecco, dev’essere qui dove dobbiamo svoltare. Sinistra”, gridò Daniel. Le renne eseguirono immediatamente il comando, scivolando con tutta la slitta sulla nuova strada. Un sinistro scricchiolio accompagnò la slitta sul nuovo sentiero, di mano in mano che si spostavano.
“Che succede?”, chiese Cronch.
“Non lo so, ma non mi piace questo rumore”, commentò Daniel.
Si voltò a guardare dietro di lui, la strada che scivolava sul retro della slitta.
“Guardate!”, esclamò sbigottito: una crepa profonda stava solcando la strada, dietro di loro, avvicinandosi sempre di più alla slitta.
“Non siamo su una strada! Siamo su un fiume ghiacciato!”, urlò il gatto, afferrando le redini della slitta e urlando:
“Destra, destra!”
Le renne balzarono a destra e tornarono sul terreno solido e sicuro, in mezzo alla neve, iniziando a tirare in salvo anche la slitta. Fu allora che la crepa li raggiunse. Con un potente strattone, le renne tirarono in salvo la slitta, ma metà del carico scivolò in acqua, scomparendo al di sotto del ghiaccio in un battibaleno.
Quando tutta la slitta fu al sicuro, Daniel fermò le renne, per fare il punto della situazione.
“Non ricordo di aver mai avuto tanto caldo d’inverno!”, esclamò, asciugandosi il sudore.
“Abbiamo perso i razzi. Tutti tranne uno”, constatò preoccupato Cronch.
“Abbiamo perso anche parte delle provviste”, aggiunse Greta, dopo aver controllato.
“Siamo tutti vivi, questo è quello che conta. Forza, cerchiamo la strada giusta”.
Daniel fece muovere le renne, tornando indietro un pezzo, raggiungendo la strada principale.
“La strada dove dobbiamo svoltare a sinistra dev’essere più avanti. Cerchiamola”.
Vagarono per ore avanzando nella neve, mentre riprendeva a nevicare.
I fiocchi scendevano leggeri, quasi danzando. Il vento soffiava ma, sotto la coperta, i tre stavano al calduccio e il grosso ombrello li riparava. Doveva essere magico anche quello, perché la neve non arrivava mai in faccia ai bambini: si limitava a passare loro davanti.
“Ecco la strada: penso che sia questa”, annunciò Daniel. Svoltarono a sinistra e continuarono ancora a lungo, percorrendo una landa desolata, senza alberi, piana. La strada si stendeva dritta a perdita d’occhio.
“Speriamo che sia quella giusta o perderemo un sacco di tempo”, bofonchiò Daniel, quasi fra sé e sé.
Verso sera qualche rado pino o larice ricoperto di neve annunciò l’imminente appropinquarsi di una foresta. Uno stormo di pennuti dalle ali riccamente colorate si stagliò all’orizzonte, sul grigiore delle nubi. Quando furono sopra la slitta, improvvisamente virarono, puntando verso il basso.
“Accidenti!”, urlò Cronch, scattando in avanti e proteggendo i due bambini con una speciale barriera, simile a quella che aveva prodotto durante la bufera. Gli uccelli, ormai lanciati in picchiata su di loro, non riuscirono a fermarsi in tempo. Molti di loro s’infilzarono con il becco nella barriera, che si sgonfiò, ma ormai li aveva protetti dall’assalto.
“Che diavolo sono, questi?”, chiese Daniel.
“Questi sono i picchiatelli. Scendono in picchiata e ti beccano sulla testa. Fanno molto male”, spiegò Cronch mentre recuperava la barriera, dove i volatili continuavano a dimenarsi. Uno per volta li sfilò e li lasciò andare. Gli uccelli presero il largo alla svelta, senza pensarci due volte.
“Ma perché lo fanno?”, chiese Daniel, incuriosito.
“Siamo nel loro territorio, e questo può significare una cosa sola: siamo nella foresta proibita”.
“Oh, no!”
“C’è di peggio: torneranno, e in massa”.
“Dovremmo andarcene allora”.
“Dammi la mappa”.
Daniel gliela passò.
“Ecco, dobbiamo aver imboccato questa strada, anziché questa. La bufera prima, il torrente ghiacciato poi. ci devono aver fatto sbagliare incrocio. Però forse non è necessario tornare indietro: se noi attraversassimo questo angolo di foresta, tagliando verso destra, forse potremmo…”
“Ma non è pericoloso?”
“Forse non troppo, se siamo fortunati! Basterà tenersi alla larga dalla palude putrida e dalla montagna di sale. Risparmieremmo tempo e torneremmo sulla strada giusta proprio qui”, disse, segnando un punto sulla mappa, dove le due vie si congiungevano.
“Okay, troviamo questa strada e svoltiamo a destra, ma facciamo presto”.
Elena Ungini
A settimana prossima per un nuovo capitolo!
Mirtilla Malcontenta
Le fiamme di Pompei
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