Trama:
Circondate da un’aura di mistero, le geishe hanno sempre esercitato sugli occidentali un’attrazione quasi irresistibile. Ma chi sono in realtà queste donne? A tutte le domande che queste figure leggendarie suscitano, Arthur Golden ha risposto con un romanzo, profondamente documentato, che conserva tutta l’immediatezza e l’emozione di una storia vera. Che cosa significa essere una geisha lo apprendiamo così dalla voce di Sayuri che ci racconta la sua storia: l’infanzia, il rapimento, l’addestramento, la disciplina – tutte le vicende che, sullo sfondo del Giappone del ‘900, l’hanno condotta a diventare la geisha più famosa e ricercata. Un romanzo avvincente e toccante, coronato da uno straordinario ritratto femminile e dalla sua voce indimenticabile.
Recensione:
Un libro che racconta nei minimi dettagli la vita di una delle figure più interessanti della cultura orientale, ambientato nel secolo scorso e scritto da un uomo americano alle soglie del 2000, può rivelarsi solo un disastro o un capolavoro; io trovo che non sia nessuno dei due.
La capacità di Arthur Golden di immedesimarsi in Chiyo/Sayuri, che da anziana racconta in prima persona le sue memorie fin dai tempi in cui era una bambina, è ammirevole: sembra sinceramente il racconto di una voce femminile, dalla descrizione dei pensieri confusi e ingenui dell’infanzia, a quelli imbarazzati dell’adolescenza, fino alle movenze, ai gesti delicati e alla lucidità delle decisioni mature.
Il modo in cui lo scrittore descrive il passaggio della protagonista dall’essere la piccola indifesa Chiyo, figlia di un pescatore e abituata alla vita all’aria aperta, al diventare Sayuri, una delle più richieste geishe di Kyoto, è convincente: la lentezza delle descrizioni, l’attenzione per i dettagli, la formulazione delle frasi, studiate e delicate, precise e prolisse, sono tutte caratteristiche tipiche della scrittura giapponese. Questo però si rivela un’arma a doppio taglio: se da una parte ciò aumenta la veridicità del racconto, e lo rende più realistico e coinvolgente, dall’altra lo appesantisce.
La narrazione, inoltre, pare sbilanciata: la parte iniziale è giustamente trattata in modo dettagliato, come anche la parte della “trasformazione” di Chiyo in Sayuri, mentre, a metà libro, si riscontra un momento di stallo nelle azioni, vi è una predilezione per le descrizioni a discapito dell’avanzamento della storia, che si riprende solo nelle ultime cinquanta pagine, trattate però con troppa superficialità e approssimazione rispetto all’importanza che dovrebbero avere; è quasi come se lo scrittore si fosse impegnato (egregiamente) fino ad un certo punto e poi la sua attenzione fosse lentamente calata fino a una chiusura frettolosa.
E’ un vero peccato perché la storia, tratta liberamente dalla vita di una famosa geisha realmente esistita, è interessante, abbondante di particolari, arricchita con termini giapponesi usati per descrivere rituali e accessori, e apre a noi occidentali una finestra su di un mondo lontano e misterioso, cui viene voglia di avvicinarsi per saperne ancora di più.
“Lei si dipinge il viso per nascondere il viso. I suoi occhi sono acqua profonda. Non è per una geisha desiderare. Non è per una geisha provare sentimenti. La geisha è un’artista del mondo, che fluttua, danza, canta, vi intrattiene. Tutto quello che volete. Il resto è ombra. Il resto è segreto.”
Potete trovare il libro qui:
Le fiamme di Pompei
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