Recensione Bompiani “Tentativi di botanica degli affetti” di Beatrice Masini
Trama:
Primo Ottocento, primavera. Bianca Pietra, giovane donna di buona educazione e scarsi mezzi, lascia la casa natale sul lago di Garda per approdare nella campagna milanese, ospite di un poeta di chiara fama: don Titta ha l’estro dell’agricoltura sperimentale, che pratica nella sua tenuta, e in più coltiva fiori e piante esotiche nel parco della villa di Brusuglio. E Bianca, abile acquerellista, è chiamata a ritrarre il patrimonio botanico del padrone di casa. Graziosa, ardente, irrequieta, si accinge al compito con slancio, entrando a far parte di una famiglia grande quanto complicata.
Disegna, dipinge, esplora i giardini e studia con interesse la miriade di personaggi che popolano la grande dimora: tra di loro c’è Pia, una servetta orfana di acuta intelligenza e garbo innato che gode di singolari privilegi. Curiosa fino all’impudenza, sincera all’eccesso, incline alle fantasticherie, Bianca si convince che le origini di Pia nascondano un segreto e che don Titta con tutta la famiglia si stia dando molta pena perché esso resti tale: quanto basta per darle il desiderio di scoprire la verità avviando un’indagine appassionata.
Ciò che Bianca, così acuta nell’osservare e illustrare la natura, si ostina a non comprendere è che questa ricerca del vero vede in gioco i suoi stessi sentimenti: ed è un gioco pericoloso, perché la botanica degli affetti non è una scienza esatta, non conosce regole e può rivelarsi profondamente ingannevole.
Recensione:
Lei si chiama Bianca, e viene assunta da Don Titta per disegnare i fiori della sua villa. Poi c’è Innes, bel “soldato”, e Tommaso, poeta allievo di don Titta. Poi c’è Minna, serva personale di Bianca, e Pia, serva ma con privilegi che le altre non hanno. Più donna Clara, donna all’antica che comanda tutto e tutti, e donna Julie, moglie di don Titta e madre di cinque figli.
Più o meno sono questi i personaggi principali della storia. La storia inizia nella villa estiva della famiglia, poi si sposta nella casa di città e poi si sposta nuovamente nella residenza estiva.
Il libro non mi è piaciuto. L’ho trovato noioso, lento e pesante. L’ho finito di leggere solo perché
odio lasciare i libri incompiuti, ma già prima di arrivare a metà ho più volte pensato di accantonarlo.
Ci sono molti pensieri della protagonista, ma in questo libro le cose non vengono dette: ti dà degli indizi, ti lascia intuire ciò che vorrebbe dire, ma alla fine le cose devi capirle da sola. Diciamo che ho apprezzato il finale perché insolito, ma mi ha lasciata con un dubbio. Non mi piace fare recensione negative, infatti è la prima per me, ma sinceramente non è un libro che consiglierei.
ATTENZIONE, SPOILER!
All’inizio del libro una ragazza sta raccontando il suo stupro, e subito dopo c’è la scritta “Sei anni dopo” dove una donna va dove vengono abbandonati i bambini a chiedere della sua bambina, se sta bene e se sta con una famiglia. A fine libro si scopre che a subire la violenza è stata Bianca, ma poi quando va a Londra con Innes li segue Pia per amare quel bambino che non ha colpa. Ora, se Pia si assume questo incarico e parte con loro, perché sei anni dopo dallo stupro si parla di questa donna che di notte chiede informazioni su una bambina?
Diciamo che non è molto chiaro come libro, un po’ in tutto, e questa è la scena più eclatante che mi sono sentita di riportarvi.
Potete trovare il libro qui:
Le fiamme di Pompei