Recensione Einaudi “L’arminuta” di Donatella di Pietrantonio
Trama:
Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.
Recensione:
“L’arminuta” cioè la ritornata è la storia di un’adolescente che all’età di tredici anni si trova riconsegnata alla sua vera famiglia e a dei genitori di cui non sospettava l’esistenza.
A fare da sfondo a tutta la storia è l’Abruzzo degli anni settanta: arcaico, superstizioso, in cui il concetto di miseria travalica quello di fame e povertà.
L’arminuta giunge nella sua nuova casa sotto gli occhi anaffettivi dei genitori e dei fratelli. Passando da una vita agiata ad una di estrema povertà capirà cosa significa guadagnarsi il pane a fine giornata dividendo le razioni con tutti gli altri componenti della famiglia. Le angosce, le paure, le lacrime riempiono le sue notti insieme alla sorella Adriana. Abbandonata per ben due volte e rifiutata dalle persone che l’avrebbero dovuta amare, la ragazza viene catapultata in un mondo di estremo degrado in cui la fame, la mancanza di igiene e l’impossibilità di farsi accettare le fanno da sfondo.
In realtà è anche l’arminuta ad avere difficoltà nell’ambientarsi nella sua vera famiglia in cui parlano tutti dialetto, dove lo studio viene messo in secondo piano e i ragazzi sono costretti a cavarsela da soli: la madre deve accudire il fratellino più piccolo e il padre, un uomo manesco è fuori tutto il giorno per lavoro.
Adriana, la sorellina condivide il letto con lei ed è l’unica ad entrare in un perfetto rapporto di complicità con la nuova arrivata. Una complicità che le renderà inseparabili unendole nel profondo.
Nello sguardo furbo, dirompente e irrequieto della sorella forse l’arminuta potrà trovare un’ancora di salvezza che le permetterà di sopravvivere pur lamentando l’impossibilità di trovare delle vere radici di appartenenza.
Considerazioni:
Attraverso gli occhi e le riflessioni della protagonista, il lettore viene guidato verso un mondo sconosciuto in cui il fallimento dell’uomo e dei suoi valori vengono messi in luce attraverso gli occhi di una ragazzina: tutti possono sbagliare ed avere delle debolezze.
Una scrittura sobria e pulita è quella che esce fuori dalla penna della scrittrice. Fluida ma con temi profondi e delicati che permette al lettore di confrontarsi con uno dei temi più difficili e paurosi: l’abbandono.
Potete trovare il libro qui:
Le fiamme di Pompei
Nessuna risposta.