Recensione “Una donna quasi perfetta” di M. St John edito Garzanti
Trama
Londra. Attraverso le grandi finestre si scorgono sontuosi salotti, tovaglie ricamate e, immancabile, un servizio da tè in fine porcellana. Intorno a quei tavolini elegantemente apparecchiati, con una tazza in mano, le donne si confidano le une con le altre, si danno manforte, si studiano tra mezzi sorrisi e cenni d’intesa. È così anche per Flora, Gillian e Lydia, tutte e tre convinte di avere una vita quasi perfetta. La prima ha un marito che ama e due splendidi bambini. Gillian ha una relazione con un uomo sposato che spera possa trasformarsi in qualcosa di più. Infine Lydia è sicura di poter vincere la medaglia di “amica dell’anno”. Quando le loro strade si incrociano, però, capiscono che non sempre le cose vanno come si desidera: è il momento di scegliere che persone vogliono essere, che tipo di donna vogliono diventare.
Recensione Una donna quasi perfetta
Madeleine St John è stata una apprezzatissima autrice australiana e la prima donna candidata al Man Booker Prize. Morta nel 2006 a sessantaquattr’anni con all’attivo quattro opere delle quali due di enorme successo.
Oggi parliamo di Una donna quasi perfetta, pubblicato per la prima volta nel 1996 e ambientato nella Londra del secolo scorso.
Non ho letto il suo primo libro – di enorme successo – Le signore in nero, inizio quindi con questa storia la conoscenza di una delle autrici più famose del ‘900 e spesso paragonata alla grande Austen. Proprio come Jane, Madeleine St John crea personaggi femminili profondi, complessi e originali.
In questo libro le protagoniste sono Flora, Gillian e Lydia.
Tre donne che vivono vite molto diverse tra loro ma legate da un filo invisibile che porta i loro destini a incrociarsi provocando un vero e proprio terremoto nelle loro vite.
Flora è una donna quasi perfetta; si sente una moglie devota, ama i suoi figli e li alleva dando completamente se stessa.
Nulla in casa sfugge alla sua approvazione e i figli hanno un futuro spianato grazie al suo intercedere per loro nelle varie situazioni difficoltose che si presentano. Flora aiuta la figlia maggiore Janey a trovare un buon partito da sposare, aiuta Nell a scegliere uno sport che possa distrarla dalla sua gelosia per la sorella maggiore e sopperisce alla costante assenza del padre per il piccolo Thomas.
La sua vita è piena di cose da fare e da pensare eppure, quando arriva la sera e riflette sulla sua vita mentre ricama, sente che le manca qualcosa. Forse la possibilità di professare la propria fede? Oppure è il senso di distacco e indifferenza che le trasmette suo marito Simon?
“Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te” disse Flora sottovoce, e la Vergine Maria, tutta illuminata dall’interno, come se contenesse una lampadina, chinò appena il capo.
Era pronta a ricevere tutte le confidenze che Flora voleva farle.
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“Ave Maria piena di grazia” riprese Flora, ma in quel momento sentì sbattere la porta d’ingresso.
Era Simon.
La luce all’interno della Vergine si spense e lei sparì.
Gillian, affascinante giovane donna libera per scelta da qualsiasi legame e impegno sentimentale, incontra Simon proprio quando lui più sentiva il bisogno di evadere. La loro relazione inizia con un preciso accordo, nessun legame e nessun sentimento. Solo divertimento e del tempo di qualità trascorso insieme.
I mesi però passano, quello che era solo un momento di evasione per Simon diventa una routine e ormai lui e Gillian si vedono più spesso di quanto non siano pronti a riconoscere. La loro è diventata una relazione stabile e impegnativa, di quelle che Gillian rifiuta per punto preso.
Proprio quando i due si rendono conto che il loro rapporto non è più solo un passatempo, l’idillio si rompe e – consapevoli in fondo di essere andati troppo avanti – subentra una noia che per lei è quasi una sicurezza mentre per lui diventa immediatamente disinteresse.
Gillian scopre che quello che credeva fosse un gioco è diventato un rapporto stabile con un uomo sposato e Simon capisce che quello che cercava era solo un divertimento passeggero. Lui ha già una routine, una moglie, una famiglia e delle comodità che nessun altro potrà mai sostituire.
Gillian, che sa molto bene di aver contribuito a ferire una donna inconsapevole (ma Flora sarà davvero così in consapevole di quello che succede?) frequentando un uomo sposato, è il ritratto di una persona senza scrupoli ne pudore che attinge dagli altri per puro divertimento senza curarsi delle conseguenze.
Lydia invece sente su di sé il peso di dover essere l’angelo custode della sua amica Flora. Non appena inizia ad avere dubbi sul matrimonio di Flora e Simon si inoltra in un vortice di indagini e sotterfugi per smascherare il traditore e salvare il futuro della sua cara amica. Quello di cui però non si rende conto è che si sta addentrando in un terreno insidioso, custodire un segreto e infilarsi in problemi familiari altrui è più difficile di quanto sembri e questo finisce per farla sentire quasi complice del tradimento.
Il filo conduttore di questa storia non sono le tre donne protagoniste ma Simon.
Simon è un uomo banale, non così elevato culturalmente come lui crede di essere e – sopratutto – intriso di luoghi comuni e pregiudizi.
Lui non desidera che la moglie preghi, che frequenti una chiesa o che si avvicini alla comunità religiosa più vicina.
Non desidera che Gillian abbia altre persone, non vuole un rapporto stabile ma lei non può e non deve vedere altre persone. Gillian non deve essere opprimente con lui, ma lui può lamentarsi se lei esce a cena con amici.
Lydia è una pessima amica per lui, non la sopporta e non vede di buon occhio le cene che Flora organizza con la sua amica. Ma quando una sera è costretto a riportarla a casa, immancabilmente tenta un approccio anche con lei.
Simon è una persona abitudinaria, che vede le donne come una comodità.
Le scappatelle non sono peccato finché non vengono scoperte e la moglie, se lui porta a casa lo stipendio, non ha nulla di cui potersi lamentare.
Flora è consapevole di aver sposato una persona incredibilmente instabile. Una di quelle persone che hanno repentini cambi di umore e che non dicono mai davvero quello che pensano perchè le convenzioni sociali prevalgono sull’onestà.
Però in fondo, nonostante senta che c’è qualcosa che non va e sia consapevole che la sua vita in realtà la sta vivendo solo a metà, le va bene così.
Perchè è così che fanno le bravi mogli, le donne quasi perfette.
Incredibilmente, per un’autrice improntata al femminismo e alla rivendicazione dei diritti delle donne, in questo libro prevale si una parte maschile sgradevole ma sopratutto l’arrendevolezza delle donne.
Flora non è felice, ma in fondo va bene anche così.
Gillian non vuole una relazione stabile, ma poi si innamora di Simon e va bene anche se non lascia la moglie…basta stare insieme.
Lydia vuole aiutare l’amica ma non ha il coraggio di affrontare la coppia da donna matura e usa quindi sotterfugi per salvare il matrimonio.
Non c’è una donna che prenda in mano la sua vita e la viva indipendentemente da ciò che la società impone.
Una donna quasi perfetta è un libro scorrevole e indubbiamente ben scritto. Mi ha lasciata piuttosto spiazzata la brevità dei capitoli, spesso li sentivo come interrotti a metà. E’ come se l’autrice li avesse scritti e poi spezzettati ridistribuendoli nel libro in modo casuale. Ritrovavo parti di un capitolo dieci o venti pagine dopo, come se tutti i pensieri e discorsi venissero momentaneamente interrotti.
Una scelta particolare, non brutta certo ma per un lettore non abituato è sicuramente disturbante.
La scrittura è incredibilmente fluida, i dialoghi non sono mai banali e non c’è mai un momento di noia. E’ oggettiva l’abilità di scrittura di Madeleine St John e più si va avanti nella lettura più si comprendono i motivi che hanno spinto i critici a elogiarla.
Libro consigliato a tutti, lettura veloce e appassionante.
Tempo di lettura del libro: 3 giorni
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