Oggi vogliamo segnalarvi una nova uscita a cura della Casa Editrice Lupieditore.
Il fiore d’acqua – Prefazione a cura di Gelsomina Massaro
I fotogrammi dell’anima non si deteriorano, perché sono fatti di forme e sfumature vivide, si stagliano nella memoria, intatti, proprio come i versi di Alessandra Roggia. L’autrice pone, sulle soglie della sua raccolta poetica, una poesia che schiude, forse, il senso complessivo dell’opera, facendo da guida per il lettore: “La quiete dell’anima” diviene primigenia contemplazione, alla quale si approda dopo un percorso segnato da oscuri meandri, così che si scuce nel labbro sereno il chiarore del riso. Scorrendo le pagine del libro si scorge uno spirito di ricerca, che solca, in diacronia e sincronia, rime, assonanze e figure retoriche, sapientemente costruite. L’impalpabile melodia della quiete non si fonde semplicisticamente con il poetare, ma, scartata ogni immediatezza retorica e stilistica, si fa iridescente, passionale e divampa attraverso “Fuochi” nostalgici, dove le antitesi si intrecciano con un’evidenza quasi sovrasensoriale: una fiamma, con la sua fumosa danza, carezza finestre di ghiaccio e cristalli ricamati.
Stupiscono, ad ogni strofa, i suoni e i colori della natura, che fanno da contraltare a quelli dell’inconscio, del ricordo, dell’attesa, del silenzio, infranto tra le ossa dei pensieri. Preziosa è la similitudine che l’autrice adopera per descrivere il valore della poesia. L’immagine dei “Fiori di loto”, incastonata in una serie allusiva di significati, si riverbera in modo esemplare nei versi conclusivi: sono flauti traversi / che le belve ora incantano / sono fiori di loto / che di terra, acqua ed aria / s’inebriano.
Non mancano note amare di riflessione, che sottendono, con lucidità di riferimenti, la costernazione nei confronti del genere femminile. La poesia “Ragazze” si fa portavoce di uno stato deprecabile, costituito da velleitari tentativi di rivalsa, da stucchevoli inganni, da cedimenti e ipocrisia. Quest’ultima si stempera nei versi iniziali, quando le ragazze, ebbre di stupore, sgranano rosari ed uccidono preghiere, generando un unico miserabile frutto: Lacrime asciutte/ che piovono sui visi:/ d’artificio sono fuochi /glitterati e soffocati/colorati di soprusi e di sorrisi.
I pensieri dell’autrice evolvono, di volta in volta, sotto il segno della natura, in declinazioni pregne di simboli, decifrabili nella tessitura stessa dei versi, talora in modo univoco e schietto, talora nel labirintico dispiegarsi di un anelito di libertà, assaporato miracolosamente dalla “Finestra sul mare”. Gli occhi si muovono arditi e mai sopiti, per retrocedere o avanzare nello scandaglio interiore, nel riflesso del vivere quotidiano. Si dipanano, nel componimento “Il the caldo della sera”, effluvi caldi e ristoratori, che emanano una consapevolezza nuova, quella di un mondo appartenente al proprio sguardo, sgombro da affanni.
Il disincanto lascia il posto al desiderio di incanto, che, senza ostacoli, viene esaudito dal ritmo dei versi in inglese. Questi incalzano, trainati da una speranza concreta, per indurre altre scoperte, altre prospettive di pace, luminosità, gioia e magica bellezza. Non si indugia più sul tempo passato, anzi, se ne fa tesoro per un’impennata verso le stelle, la cui funzione è conclamata nella poesia “stars”. Come corollario di questo affascinante viaggio, l’autrice lancia un messaggio dai contorni solidi, nel componimento intitolato “Breathe and live”, espressione del coraggio e della forza interiore, spogliata ormai da pesi e limiti altrui: So/ don’t be afraid /to show who you are and run, laugh and sing and / use all your arms/ to became soldier / of your personal war, to swim in that sea that no one will drink.
La capacità di sorprendersi innamorata della vita lega a filo doppio tutti i versi, ricamati da una principessa moderna, che, in “Princess”, ironizza sulle false aspettative e correda l’amore di errori e imperfezioni.
Credo che la delicatezza del titolo renda perfettamente l’idea sottesa all’intera silloge, poiché il fiore d’acqua si connota, secondo l’immaginario poetico dell’autrice, per una funzione essenziale, che colma i vuoti, nutre se stesso, le proprie radici, gli affetti autentici, specchiandosi con rinnovata saggezza nel fango, pronto ad imbrattarne le corolle. Scivola, cade e riemerge il fiore d’acqua, metafora di un cammino franto, assorto, controverso e, quindi, vero. La verità, dunque, si fa strada silenziosamente oppure diventa assordante tra i “Rumori della notte”, il tempo guarisce le ferite e dalla natura scaturisce uno straordinario potere salvifico, dalla natura Alessandra Roggia attinge a piene mani per costruire il suo personalissimo fiore d’acqua.
Trama
I fotogrammi dell’anima non si deteriorano, perché sono fatti di forme e sfumature vivide, si stagliano nella memoria, intatti, proprio come i versi di Alessandra Roggia. L’autrice pone, sulle soglie della sua raccolta poetica, una poesia che schiude, forse, il senso complessivo dell’opera, facendo da guida per il lettore: “La quiete dell’anima” diviene primigenia contemplazione, alla quale si approda dopo un percorso segnato da oscuri meandri, così che si scuce nel labbro sereno il chiarore del riso. Scorrendo le pagine del libro si scorge uno spirito di ricerca, che solca, in diacronia e sincronia, rime, assonanze e figure retoriche, sapientemente costruite. L’impalpabile melodia della quiete non si fonde semplicisticamente con il poetare, ma, scartata ogni immediatezza retorica e stilistica, si fa iridescente, passionale e divampa attraverso “Fuochi” nostalgici, dove le antitesi si intrecciano con un’evidenza quasi sovrasensoriale: una fiamma, con la sua fumosa danza, carezza finestre di ghiaccio e cristalli ricamati.
QUARTA DI COPERTINA
Alessandra Roggia considera molteplici aspetti della cosiddetta “invasione” della tecnologia, contrapponendo, come esempi emblematici del dualismo “progresso-regresso”, il telefono fisso al cellulare, “Tuttocittà” al navigatore satellitare, i giocattoli al tablet, e valutando, con dovizia di argomentazioni, gli effetti e le implicazioni della comunicazione tramite i social network, delle relazioni su Internet, dell’avvento del digitale,della pubblicità sfrenata. La conclusione presenta alcune possibili soluzioni per una convivenza “sana” con il progresso, una convivenza che possa significare anche emancipazione spirituale e rinascita esistenziale.
Potete trovare il libro qui:
Le fiamme di Pompei
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